DON RAFFAELE

Con: ROBERTA BUCCI, ALESSANDRA TARQUINI, MICHELE DI CONZO, ALBERTO SANTUCCI.

Da un testo elaborato nell’ambito delle attività della “Scuola Nazionale di Drammaturgia” diretta da DACIA MARAINI, nel corso 2006- 2007 condotto da SPIRO SCIMONE.

Adattamento e regia di EUGENIO INCARNATI.

“Don Raffaele” è il passato che torna, lieve e commovente; porta determinazione ed energia, vie di salvezza e riscatto dai drammi del presente.

Questo è uno spettacolo la cui idea nacque dalla grande scrittrice Dacia Maraini nel 2006. Ma, a dieci anni dal terremoto dell’Aquila e solo a tre  da quelli più recenti di Accumoli ed Amatrice, è impossibile non far riferimento a queste nostre recenti tragedie.

Foto di Andrea Mandruzzato

Foto di Andrea Mandruzzato

“Don Raffaele è ambientato, nei mesi che precedono di un soffio l’entrata, dell’Italia nella grande guerra, in una realtà già fragilissima come quella della Marsica del 1915.


La Marsica, cuore dell’Abruzzo interno, era, all’epoca, un territorio in forte trasformazione: il grande lago del Fucino, il terzo lago d’Italia, era stato appena prosciugato per farne terra da coltivare. Il popolo del lago si   trasformava in quel popolo di “cafoni”, sfruttati dai latifondisti   locali, dipinto con definitiva chiarezza nei romanzi di Ignazio Silone.
 Su questa terra già stravolta nel panorama, nella vegetazione, nel clima e in ogni aspetto delle abitudini umane e della vita quotidiana, si abbatte un terribile terremoto (trentamila morti!) , a sancire nel più deifinitivo dei modi, che ciò che era, non sarebbe stato mai più.

Siamo nei giorni subito dopo la catastrofe,a Gioia dei Marsi, uno dei paesi più lontani, più colpiti e più difficili da raggiungere per i soccorsi. Qui, troviamo un prete, figura ispirata ad un sacerdote realmente esistito , figura nodale nella ricostruzione del paese, Don Raffaele Starace.

Don Starace è anche lui un sopravvissuto fra pochi sopravvissuti. Le sue vicende di “miracolato” si intrecciano con quelle, semplici e drammatiche, degli altri pochissimi paesani rimasti ancora vivi e vengono trattate sulla scena in uno stile epico eppure misurato; si racconta, si, di una realtà dura e difficile, ma   per portare testimonianze di forza, determinazione, umanità e se compare la rassegnazione, appare come pericolo.

Non si indulge, qui, in scene tragiche e violente e non si invade la sadon raffaele LOCANDINAcralità degli episodi tragici se non con gli strumenti della metafora e dell’allegoria; tenta, lo spettacolo, non di evocare un dolore secolare, ma di guardare alle vicende che mettono alla prova le persone, soprattutto le più umili, cercando di capire il senso della “grande storia” sulla base degli insegnamenti delle storie piccole.

Guarda QUI il video-promo a cura di Andrea Mandruzzato

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