UTOPIA

In primo piano

27-3-2021

Dopo la pandemia, all’orizzonte si prospettano giorni di nuovo ricchi di eventi culturali e il settore, finalmente, torna a dare lavoro a tanti. 

Il mondo del teatro non ha causato contagi, grazie ad atteggiamenti seri, a piani di sicurezza rigorosi e a comportamenti di grande responsabilità. 

UTOPIA  raggruppa compagnie e festival che producono e promuovono il “teatro -ragazzi” in tutta Italia. E’ fatta di operatori professionali che credono  nel teatro come formidabile strumento non solo di svago e divertimento ma anche di formazione, di crescita e di prevenzione del disagio sociale. UTOPIA  si impegna a tutelare quel grande patrimonio creato da autori, attori, registi, scenografi, musicisti, tecnici e organizzatori che hanno scritto, le pagine più belle e stimolanti nella storia del teatro nazionale contemporaneo.

Occuparsi di arte e cultura, oggi, significa generare lavoro per le giovani generazioni.

In Abruzzo, le compagnie teatrali indipendenti rappresentano la gran parte dei lavoratori del settore, ma  rimangono poco studiate dal livello politico. Anche per questo, Teatrabile, aderisce ad Utopia, perché la politica non è solo quella dei partiti.


SE VUOI UNA CITTA’, INVESTI SUI TEATRI

di Eugenio Incarnati

1-2-2021

Se vuoi rimettere in piedi una città, c’è certo da lavorare con materiale da costruzione. Se poi vuoi anche che essa sia abitata, vissuta, amata, considerata veramente “città”, allora devi portare calce e mattoni anche verso i  luoghi di arte e cultura. Non si scappa. 

Ce lo dicono anche i numeri.

 I dati SIAE  degli ultimi anni  parlano chiaro: dove ci sono teatri che lavorano, lì c’è un territorio vivo; infatti la Lombardia è la Regione nella quale si fanno più spettacoli (776,9), seguita dal Lazio (541,2 mila) e l’Emilia-Romagna (379,5 mila- dati 2019). 

Il settore conta molto anche per l’economia: il  giro di affari degli spettacoli dal vivo, raggiunge, in Italia, quasi i sette miliardi di euro. Un settore rilevante, direi, anche considerando che la maggior parte dei lavoratori dello spettacolo costano poco e rendono molto.

I dati del 2020, alla data del presente articolo, non ci sono ancora,  ma quando saranno disponibili, testimonieranno dei molti  sforzi fatti (senza generare contagi) nei periodi brevissimi in cui è stato consentito fare spettacoli e concerti.

Ma viene prima l’uovo o la gallina? Viene, cioè, prima il teatro o lo sviluppo globale? Le due cose vanno a braccetto, perché il mondo dello spettacolo dal vivo è anch’esso uno dei settori dello sviluppo e, come tale, genera, se florido, sviluppo globale.

A L’Aquila, poi, (dove viviamo e lavoriamo) s’è visto chiaramente: dopo il terremoto, la programmazione culturale si è rivelata (o confermata)  strumento fondamentale per dare nuova vita alla città.

Negli anni, la nostra città, per la cultura, ha già ottenuto molti fondi e di sicuro ne otterrà ancora. Ma allora il malessere, nei pochi lavoratori dello spettacolo qui sopravvissuti, dipende solo dal Covid che blocca tutto? Dov’è il punto? Di cosa ci lamentiamo? 

Ci lamentiamo, ad esempio, dell’ utilizzo delle risorse in senso centrifugo (eccezion fatta per alcuni validi sforzi istituzionali);  e poi  della scarsissima attenzione verso “i luoghi” del teatro, praticamente ignorati (!) dalla ricostruzione.

I teatranti, però, non vogliono parlare solo di economia e mattoni. Si sa, sono figure poetiche.

Proviamo, allora (pur brevemente),  ad approfondire, per capire se è vero che il “teatro” sia utile, se è vero che esso svolge funzioni “riconosciute” che travalicano gli aspetti del mero intrattenimento commerciale.

C’è, da un lato, l’ esperienza collettiva (del pubblico) della fruizione di uno spettacolo dal vivo. Espressione tipica, esclusiva della nostra specie (sviluppata in epoche di grande avanzamento), veicola contenuti culturali e simbolici. Con lo spettacolo si sono instaurate  abitudini civili (cioè tipiche della città), mai più abbandonate. E basterebbe questo a dimostrare che senza teatri, non c’è città.

C’è, poi, il valore della esperienza della “pratica teatrale e artistica”: nelle scuole, nei centri diurni, nei centri anziani, nel mondo dell’inclusione e della promozione dell’agio sociale (e persino nella formazione aziendale), c’è un fiorire (Covid permettendo)  di attività e progetti innovativi che si avvantaggiano, a fini formativi, delle figure degli artisti, teatranti in testa.

Sia se si parli, dunque, del primo  aspetto (l’esperienza del pubblico), che del secondo  (la pratica teatrale ed artistica), non si può non concludere che questo mondo merita più attenzione da parte delle istituzioni. 

I teatranti non chiedono molto: solo di elevare gli standard del loro lavoro che attualmente sono, notoriamente, bassissimi.

Calandoci nella realtà del nostro territorio,  in cui la crisi è ormai strutturale, investire  nei teatri e negli artisti  significa molte cose: significa lavorare per popolare e qualificare la città, facilitare il lavoro  di  bar, ristoranti, negozi e mercati, rafforzare un settore non irrilevante per l’economia e, dulcis in fundo, valorizzare dei lavoratori che danno olio ai cardini della vita civile e  promuovono benessere…

Sarebbe bello parlarne ancora. Avere  assessori che rispondano a queste sollecitazioni, magari, aiuterebbe.